Ai giorni nostri la fotografia è praticamente onnipresente, pubblicità, scienza, educazione, tutto fa grande affidamento sulla fotografia. La maggior parte di noi ha ormai un telefono cellulare in grado di scattare fotografie in pochi secondi senza l’uso di pesanti apparecchiature.
Per noi oggi sarebbe difficile pensare un mondo senza la fotografia, eppure solo 200 anni fa questa tecnologia non esisteva, e il mondo doveva farne a meno. Vedremo quindi come e quando nasce la fotografia.
Cos’è la fotografia?
La parola fotografia significa letteralmente “disegnare con la luce”. Tale parola, nella sua versione inglese photography, fu probabilmente coniata dallo scienziato inglese Sir John Herschel nel 1839 dalle parole greche phos, (genitivo: phōtós) che significa “luce”, and graphê che significa “disegnare, scrivere”. La tecnologia che ha portato all’invenzione della fotografia è composta principalmente da due diverse discipline scientifiche. L’ottica che si occupa di studiare come convogliare le immagini attraverso sistemi di lenti che permettano di formare l’immagine all’interno della fotocamera. La chimica, che si occupa di catturare la luce e imprimere l’immagine su un supporto fotosensibile.
La prima fotocamera?
Già a partire dal rinascimento, prima della nascita della fotografia vera e propria come la intendiamo ai giorni nostri, gli artisti crearono delle “camere oscure” per poter copiare più facilmente natura e paesaggi. Il fenomeno che veniva sfruttato era stato già osservato da molti secoli, ovvero il fatto che se un oggetto o una scena ben illuminata vengono poste di fronte a un piccolo foro che porta ad un ambiente buio, i raggi di luce che provengono dalla scena illuminata e passano attraverso il foro creano una immagine rovesciata sulla superficie interna dell’ambiente buio. Questa camera oscura “primitiva” consentiva però solamente di vedere l’immagine. Per imprimerla in maniera definitiva era ancora necessario ridisegnarla a mano.
I primi esperimenti fotografici
In Inghilterra nei primi anni del 1800, Thomas Wedgwood iniziò a sperimentare con il nitrato d’argento e riuscì ad imprimere le prime immagini. Tali immagini però non venivano fissate, il nitrato d’argento si scurisce quando esposto alla luce permettendo di imprimere l’immagine su un supporto, ma non essendo l’immagine fissata, appena il supporto veniva estratto ed esposto alla luce anche tutto il resto del nitrato diventava scuro, di fatto cancellando l’immagine dopo pochi minuti. Le sue scoperte furono riportate dal chimico Humphry Davy in un articolo tradotto anche in Francese.
La prima fotografia persistente
Fu nel 1826/1827 che il francese Nicéphore Nièpce riuscì a fissare la prima fotografia su un supporto in maniera permanente. Nièpce riuscì a fissare un’immagine del panorama di casa sua su una lastra di metallo ricoperta con una composizione di bitume e olio di lavanda. Il tempo di esposizione di questa immagine fu probabilmente di diversi giorni.
Il primo successo commerciale – Il Dagherrotipo
Qualche anno dopo la sua prima fotografia, Nièpce si unì a Louis Daguerre e insieme perfezionarono il processo introducendo materiali maggiormente foto-sensibili e migliorando il trattamento di sviluppo.
Dopo che nel 1833 Nièpce morì, Daguerre sviluppò una nuova tecnica tramite l’utilizzo di lastre di rame, argento e iodio. La svolta si ebbe però quando Daguerre scoprì che, con questa tecnica, un’immagine latente ma non visibile si veniva a formare sulla lastra con un’esposizione relativamente breve. Questa immagine latente poteva in seguito essere sviluppata ulteriormente fino a renderla visibile tramite l’utilizzo di fumi di mercurio. Con questa scoperta permise di ridurre i tempi di esposizione delle lastre da diverse ore a solamente pochi minuti, allargando quindi gli orizzonti di questa nuova scoperta. Il 7 gennaio 1839 questa scoperta fu presentata in un meeting della French Academy of Sciences, e vista la portata e l’importanza di questa scoperta, il governo francese si offrì di pagare a Daguerre uno stipendio fisso, in cambio della rinuncia a brevettare la sua invenzione, lasciandola quindi di pubblico dominio per chiunque avesse voluto utilizzarla.
Il dagherrotipo, come fu chiamata questa invenzione, fu da subito un grande successo, in quanto permetteva di rappresentare scene, panorami e volti in maniera economica e veloce.